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Cari amici, vi ringrazio per il vostro invito e per l’opportunità che mi date di prendere la paro-la su un tema così bello. Senza entrare nei dettagli, conosciamo tutti il contesto di mancanza di spe-ranza e persino di vere e proprie disperazioni che caratterizzano il nostro mondo: ideologie e filoso-fie che credono in un superuomo e considerano la morte di Dio, il pericolo ecologico che Papa Fran-cesco evoca regolarmente – le recenti inondazioni catastrofiche in Spagna ce lo confermano, i danni causati dalle guerre e dalle molteplici violenze, la diminuzione della natalità, ecc...
Si dà il caso che, in questo contesto, ci sia un’oasi, un luogo che alcuni considerano come un paradiso: il Santuario di Lourdes che amiamo tanto. Lourdes è infatti quel luogo dove tutti coloro che vi si recano attingono una grande forza, quella di ripartire nella vita, più forti nella fede. Si riparte da Lourdes “rinvigoriti”, con un sovrappiù di speranza. Come è possibile? Come spiegarlo? In effetti, Lourdes è un luogo di grazia, dove la grazia di Dio non cessa di manifestarsi, in molteplici modi. Ci sono ovviamente i miracoli, di cui si parla tanto. Questi 70 miracoli, segni concreti dell’intervento di Dio nella vita umana, di cui l’ultimo è quello di una religiosa di una diocesi francese (Beauvais), Suor Bernadette Moriau.
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Introduzione
Partiamo dall’arrivo
Ecco, i pellegrini sono arrivati, si inginocchiano di fronte all’apparire del loro desiderio: la Vergine Madre li accoglie sulla soglia di casa tenendo in braccio il Bambino. Sebbene l’immagine rappresenti la meta, la conclusione del pelle-grinaggio, tutti gli attori della scena non sono semplicemente fermi, colti in un incontro estatico, ma portano con sé il dinamismo dell’incontro. Se i pelle-grini hanno compiuto un lungo tragitto per giungere fin lì, da Maria, a Loreto (o in un qualsiasi santuario), lei si è fatta loro incontro, giungendo fin sulla so-glia di casa. L’incontro è l’attimo conclusivo di un duplice avvicinamento ed è il segnale di inizio di un nuovo cammino: i devoti che partiranno per tornare a casa sazi dell’esperienza, e la Vergine col Bambino che potrà “darsi da fare” a vantaggio degli oranti.
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Introduzione
Qualche mese fa ho letto questa lettera di cui riporto un breve passaggio: «La vita fa schifo.
Tutti di corsa, tutto di corsa, in una continua gara; un sacco pieno di domande e nessuna risposta,
pretendono tanto da te, ma tu non puoi pretendere niente da nessuno… Ho ricominciato a perdere
il peso recuperato, mi sono isolata dagli amici, mi chiudo in casa a studiare e non voglio più vedere
nessuno.
Che cosa sto facendo? Sto solo assecondando il mondo, che ti vuole perfetta, magra, ben laureata
con un lavoro stabile e a tempo indeterminato, una famiglia e dei figli, a loro volta perfetti. Ora qual
è il segreto per vivere, per stare ben con sé stessi, ritrovare la speranza per continuare a vivere?
Confesso che non ci credo più!».
Questa lettera mi ha fatto lungamente riflettere, interrogandomi: quale possibile risposta
possiamo dare, là dove è inesorabilmente caduta la speranza? C’è forse qualche parola, ma ancor
più qualche esperienza di prossimità capace di rigenerare il cuore di chi non vede più una luce
all’orizzonte?
Ho pensato a tutto ciò preparando questa mia relazione sul tema: con Maria, pellegrini di
speranza. È forse possibile scorgere qualche traccia per orientare il cammino di noi tutti, in questo accidentato pellegrinaggio della vita? Siamo di fronte ad una sfida e l’annuncio cristiano ci
offre un opportuno messaggio di vita. Non solo, la vicenda di Lourdes e la testimonianza di molti
che qui sono passati, possono rimetterci in azione e ritrovare una luce all’orizzonte. Non dimentichiamo che Maria è invocata anche con il titolo: stella del mare, cioè come colei che rischiara la
tenebra.
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Introduzione
In occasione di un pellegrinaggio in Terra Santa, dopo aver accompagnato i pellegrini, ebbi la fortuna di fermarmi per alcuni giorni senza alcun impegno, avendo così la possibilità di pregare e di visitare, tutto solo, altri luoghi santi.
Ebbi l’idea di percorrere a piedi la strada da Gerusalemme a Emmaus (precisamente El-Qubeibeh), rivivendo così l’avventura dei cosiddetti “discepoli di Emmaus” e deciso, partii. Confesso che fu una giornata faticosa, il sole non dava tregua e il sudore colava, ma fu carica di gioia e di novità rispetto alla pagina evangelica che leggevo e rileggevo. Avendone il tempo, cercavo di ricostruire il contesto interiore dei due, i sentimenti che albergavano nel loro cuore, le sfumature dei loro discorsi. Sostavo sui versetti, cercavo di coglierne i più piccoli passaggi e i minimi particolari. Fu un’esperienza pesante, per la notevole distanza, ma bensì piena di rivelazione interiore. Giunsi a El-Qubeibeh affaticato, assetato, ma sereno nel cuore. Così mi sedetti su quelle pietre della strada romana (che molte volte avevo spiegato ai pellegrini) e lì, dopo essermi rifocillato, scrissi qualche nota utile per la mia fede e il mio cammino sacerdotale. Credo proprio che la strada da Gerusalemme a Emmaus è metafora delle nostre vite, racconta sogni in cui avevamo tanto investito e che hanno fatto naufragio, bandiere ammainate alle prime delusioni. Da quelle poche note, traggo alcune riflessioni che vi propongo, così come mi è stato chiesto.
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Ho pensato di suddividere questo nostro incontro in due parti. Nella prima offrirvi le linee dei principali contenuti, come l’orizzonte, nel quale si muove il lavoro del Dicastero per l’Evangelizzazione già da due anni. Poi passerei alla parte più pratica e tecnica circa gli strumenti concreti per il Giubileo.
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La Giornata Mondiale della Gioventu ha determinato il tema di tutto il triennio 2020-2023. Abbiamo preparato diverse proposte rivolte ai giovani che sono venuti a farci visita nell’ambito della GMG e che, in effetti, sono stati numerosi, da tutti i continenti.
Nel periodo della GMG, tra il 24 luglio e il 15 agosto, sono passati da Fatima 1,2 milioni di pellegrini, in larga maggioranza giovani, provenienti da 69 paesi. Abbiamo avuto celebrazioni in 32 lingue diverse.
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Carissimi,
nelle biografie del Curato d’Ars si racconta che, in viaggio verso la nuova parrocchia dove sarebbe rimasto tutta la vita, san Giovanni Maria Vianney, mentre la nebbia impediva di scorgere l’orizzonte, chiese ad un bambino pastore, Antoine Givre, quale fosse la strada per Ars. Il ragazzino gliela indicò e il curato gli rispose: “Tu mi hai mostrato la via per arrivare ad Ars, io ti mostrerò la via per arrivare in cielo”.
Inizio la mia semplice relazione con questo episodio, immortalato da un monumento di bronzo che si trova sul posto di quell’incontro. È un’immagine molto bella di ogni sacerdote che, come il curato d’Ars, è un uomo in cammino, pellegrino della speranza, che pur raggiungendo mete sulla terra, indica ai fratelli “le verità che sono via al Cielo”.
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Un saluto a tutti voi che avete scelto di essere presenti in Assemblea, nonostante i vari impegni e difficoltà.
Mi piacerebbe iniziare questa nostra Assemblea Generale sottolineando la bellezza e il significato di questa parola. Se consultiamo il vocabolario troviamo questa definizione: Individuare tra più cose quella che, in base a un confronto fondato su valutazioni oggettive o soggettive, appaia più rispondente allo scopo o più adatta alle circostanze; oppure Individuare in un gruppo di persone qualcuno che appaia più idoneo per un compito o un ruolo: il popolo sceglie i propri rappresentanti; ed infine Farsi oggetto di reciproca scelta.
Sembra strano iniziare un’Assemblea in questo modo ma vorrei sottolineare che il nostro stare insieme è questo, è scegliere reciproco, è scegliere di camminare insieme, in cordata.
Quando si fa questo si vede lo zaino di quello davanti a me, che contiene tutti i suoi difetti e possiamo correre il rischio dimenticare che davanti c’è sempre uno sguardo proteso in avanti per individuare la strada più giusta da seguire.
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La Chiesa italiana in cammino verso il Giubileo 2025
Coordinamento Nazionale Pellegrinaggi Italiani Roma, 30 gennaio 2024
«Se stiamo alla scansione proposta per il lungo percorso del Sinodo delle Chiesa in Italia, articolato in fase narrativa, sapienziale e profetica, il secondo tempo del cammino sinodale è contrassegnato dal tema del ‘discernimento’ e dalla connotazione ‘sapienziale’, mentre la prima fase, appena conclusa, è caratterizzata dalla ‘conversazione spirituale’ e dalla sua qualità ‘narrativa’ […] Qui bisogna fare una osservazione decisiva: si tratta di superare un’immagine della vita spirituale e della prassi ecclesiale che sia semplicemente ‘praticona’, cioè venga intesa come la ‘messa in pratica’ di un sapere concepito a monte di ogni cimento con la storia e con la vicenda degli uomini del mondo».
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1. Introduzione
La pratica devozionale del pellegrinaggio, fin dai tempi antichi, sia in ambito politeista che monoteista, rappresenta per il credente, la donazione del suo tempo presente in vista di
quello futuro, definitivo e completo nella comunione della divinità adorata. In particolar modo, nell’ambito ebraico esso acquista una valenza fondativa e comunitaria ponendosi in legame tra la propria fede personale e l’obbedienza alla legge.
L’espressione ebraica ’oeroes megurîm per indicare il pellegrinaggio, significa letteralmente «terra dei soggiorni» (ma il plurale è solo grammaticale e non di numero, e va
tradotto con il singolare), come riscontriamo in Gen 17, 8: «La terra dove sei forestiero, tutta la terra di Canaan, la darò in possesso per sempre a te e alla tua discendenza dopo di te»; e in Gen 37, 1: «Giacobbe si stabilì nella terra dove suo padre era stato forestiero, nella terra di Canaan» (così come in Gen 28, 4 e 36, 7). Giobbe ha un’analoga espressione ebraica dal significato di “dimore” o “soggiorni” come leggiamo in Gb 18, 19: «Non famiglia, non discendenza avrà nel suo popolo, non superstiti nei luoghi della sua residenza».
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Il cammino ed il pellegrinaggio
Carissimi, abbiamo da poco concluso il tempo liturgico del Natale. Un tempo festoso, un tempo in cui non solo idealmente, ma anche in termini pratici ci si muove verso l’altro e, soprattutto, verso l’Altro, il Cristo, il Dio fatto uomo. Se, volendoci ispirare proprio al tempo natalizio, volessimo meditare sul tema del pellegrinaggio, abbiamo il primo prototipo e, al contempo, il primo modello per l’intera umanità.
Abbiamo uomini e donne di ogni ceto sociale, i quali, magari anche solo per pura curiosità, muovono il passo ed il capo in direzione della “Casa del Pane”. In primo luogo, rivedo i pastori che “andarono senza indugio”, quindi, mi figuro innanzi i tre illustri Re, i Magi, giunti dall’Oriente. Mi soffermo un momento sui Magi: partirono alla volta di Betlemme non tanto per aver visto spuntare una stella, ma, più semplicemente, allo scopo di muoversi verso la dimensione interiore e trovare, infine, il Figlio di Dio.
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Quando sono stato invitato a parlare all’assemblea CNPI e mi è stato presentato il titolo dell’intervento che mi era richiesto, come forse era ovvio che fosse ho tremato: “La Terra Santa luogo di speranza?”, con quel punto interrogativo che porta in sé tutto il dramma che stiamo vivendo dal terribile massacro che Hamas ha compiuto il 7 ottobre e poi con l’altrettanto terribile guerra di risposta che ne è scaturita. Se la speranza è la speranza della pace, fare questa domanda oggi a chiunque porterebbe probabilmente ad una risposta scontata: la speranza che le cose cambino, sia nel breve ma poi soprattutto nel lungo periodo sembra essere davvero fievole, per i più pessimisti nulla. Ma noi non siamo chiunque: non siamo viaggiatori, ma pellegrini; e ciò che distingue il viaggiatore dal pellegrino è l’orizzonte che mette in moto; è la mèta che rende disposti a seguire strade inusuali e scomode (Peregrinare ha la sua origine proprio da qui: Per agros ire: andare per campi).
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Introduzione
Dopo aver meditato, l’anno scorso, le parole della Vergine, pronunciate in occasione della tredicesima apparizione, il 2 marzo 1858: «Andate a dire ai sacerdoti», proseguiamo quest’anno con: «Che si costruisca qui una cappella». Bernadette riferisce al parroco Peyramale e, da burbero qual era, la rinvia non accogliendo assolutamente quanto detto. Bernadette, davanti alla rudezza dell’accoglienza riservatale, non parla che della processione e dimentica di parlare della cappella. Se ne accorge e nuovamente chiede di essere accompagnata dal parroco di Lourdes. Sarà quindi nella serata di quel 2 marzo 1858 che lei dirà all’abate Peyramale integralmente il messaggio: «Andate a dire ai sacerdoti...». La messaggera è molto fragile, ma proprio perché ha fedelmente trasmesso il messaggio che possiamo, a nostra volta, vivere l’esperienza di Lourdes.
Noi in Italia, a Loreto, custodiamo la “casa di Loreto” che è diventata sempre più casa dell’incontro con Maria. La casa di Maria manifesta anzitutto l’accoglienza della presenza di Dio, manifestatasi mediante l’annuncio dell’arcangelo Gabriele. I vangeli apocrifi collocano l’annunciazione alla fontana di Nazareth perché era riprovevole che un uomo entrasse nella casa di una vergine. Invece Dio irrompe e manifesta il suo progetto per quella giovane adolescente.
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Fatima, un cammino verso Dio
Quando facciamo un pellegrinaggio, ci allontaniamo del luogo della nostra vita quotidiana. Il santuario è la meta e il centro del viaggio. Inoltre, il Santuario, come luogo celebrativo della fede, è più di un luogo di arrivo e di partenza, è veramente il luogo di un cammino, di un itinerario interiore.
Quando penso a un pellegrinaggio, mi piace pensare a quelle parole che Dio dice attraverso il profeta Isaia: “È troppo poco che tu sia mio servo… Io ti renderò luce delle nazioni” (Is 49, 6). Proprio perché a Fatima c’è una luce che Dio vuole donarci, è troppo poco se facciamo di un pellegrinaggio a Fatima solo un’occasione di turismo. Allora possiamo pregare con il salmista: “Manda la tua verità e la tua luce, siano esse mia guida, mi conducano al monte del tuo santuario, fino alla tua presenza” (Sl 43,3). Dio, a Fatima, ha inviato la sua luce, attraverso il Cuore della Madonna, per condurci a quella verità totale che Gesù ha promesso con la venuta del suo Paraclito. Questa luce e questa verità ci conducono al santuario, ma questo santuario non è solo il luogo fisico... I vescovi portoghesi, in una lettera che scrissero in occasione del centenario delle apparizioni, sostennero che “per i pastorelli, il cuore della Signora era il santuario del loro incontro con Dio”1. Questa è la vera fine dell’incontro con Dio. “Fino alla sua presenza”, dice il salmista. Per questo, un pellegrinaggio a Fatima dovrebbe e potrà essere, se noi così lo vogliano, un cammino verso Dio.
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Fatima 2023: prospettive e progetti
Dopo due anni profondamente segnati dalla pandemia, tutti ci aspettavamo un anno 2022 di completo recupero, in tutti i livelli delle nostre vite. E, in effetti, a poco a poco, ci siamo lasciati la pandemia alle spalle. Tuttavia, la ricomparsa del dramma della guerra in Europa, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, e la crisi economica aggravata dalle conseguenze del conflitto, sono sopraggiunte a gettare ombre e nubi sulle nostre più ottimistiche previsioni.
L’anno che si è concluso è stato contraddistinto dal ritorno a Fatima dei gruppi di pellegrini organizzati. Le grandi famiglie religiose e i Movimenti ecclesiali hanno ripreso i loro pellegrinaggi nazionali a Fatima, come hanno fatto anche le diocesi del Portogallo. Il ritorno dei pellegrini stranieri, se pur più lento, è stato ugualmente notevole. Possiamo dire che nel secondo semestre del 2022, l’afflusso a Fatima è risalito alle cifre abituali, in termini di affluenza di pellegrini, addirittura superando, in determinanti momenti, le nostre stesse aspettative.
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1. Introduzione
Nel compiere l’ultimo tratto della nostra riflessione sul pellegrinaggio, alla luce della sinodalità, inizierei,
provocatoriamente, con tre domande, apparentemente semplici. Ritengo che ci possano orientare in una prospettiva
teologico-pastorale.
Prima domanda: «Gesù partirebbe con uno dei nostri pellegrinaggi?».
Seconda domanda: «Gesù si sentirebbe a casa in uno dei nostri pellegrinaggi?».
Terza domanda: «Gesù ritornerebbe a casa con noi?».
Cerco di assumere, come traccia della nostra riflessione, il testo del Vangelo di Luca noto come smarrimento di
Gesù al tempio, ma più propriamente chiamato «ritrovamento di Gesù al tempio», (Lc 2,41-50). Dovremmo dire,
teologicamente, la “rivelazione” di Gesù al tempio, con la prima parola che Gesù pronuncia nel Vangelo di Luca.
Farò dunque riferimento a questo testo, che è come una finestra sui trent'anni di Gesù a Nazareth ed è,
significativamente, contestualizzata in un pellegrinaggio. Infatti le prime parole di Gesù nel Vangelo di Luca sono
pronunciate in un pellegrinaggio. Lì, in un pellegrinaggio, c'è una presa di distanza della sua famiglia. Lì, in un
pellegrinaggio, c'è la prima rivelazione di Gesù, il suo orientamento al Padre.
Vorrei dunque fare con voi semplicemente tre passi, scanditi da queste tre domande, con una premessa e una
conclusione.
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Una doverosa premessa
Non posso iniziare l'intervento affidatomi senza portare i
saluti del Collegamento
Nazionale Santuari (CNS); non potendo venire né il presidente (padre Mario Magro) né il
segretario (don Paolo D'Ambrosio), mi è stato chiesto di non far mancare la presenza del
CNS in questa importante Assemblea. Nell'intervento far ò riferimento alle relazioni del
convegno Sinodalità e Santuari tenutosi a Roma nel novembre 2021 ne sono stati
pubblicati gli Atti Atti1 e, in particolare, alle conclusioni di padre Mario.
Sempre più coinvolti nel cammino sinodale
Dall'ascolto
dei vescovi relatori e dei partecipanti al convegno, risultò evidente che si era
già inseriti un percorso sinodale, anche perché ci si sentiva t utti impegnati a vivere quella
comunione e quella partecipazione che rendono più incisiva missione della Chiesa,
comunità di battezzati che camminano insieme, cerca ndo di individuare spazi per
ascoltarsi e dialogare affinché si possa ridonare ciò che gratuitamente si è ricevuto (cf. Mt
10, 8).
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Introduzione
Il passaggio dal ‘io’ al ‘noi’, dentro il quale rileggiamo il tema del pellegrinaggio cristiano, non si inserisce tanto in uno stile di moda (il ‘sinodale’) quanto in una forma cristiana, che possiede ra-dici molto profonde: pensando che la vita e l’essere di Dio possiedono forma trinitaria, ma so-prattutto che la ‘vita’ di Gesù si svolge in un contesto fortemente relazionale e che la scuola di Gesù rimane sempre in ordine alla carità relazionale.
Gesù sembra quasi insistere: l’esperienza di ascolto e di incontro col Regno avviene sempre in una dinamica di gruppo; si pensi alla famiglia di Nazareth, ma anche alla comunità sia degli apo-stoli sia dei discepoli, alle comunità-villaggio di Cafarnao, Magdala, Naim, Samaria, Gerico, sino alla grande comunità-città di Gerusalemme che è spesso raccolta intorno al Maestro2..
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Introduzione
Papa Francesco, nel momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale, indicava tre rischi, l’ultimo dei quali era l’immobilismo. Diceva così: «Ci può essere la tentazione dell’immobilismo: siccome “si è sempre fatto così” (Evangelii gaudium, 33) – questa parola è un veleno nella vita della Chiesa, “si è sempre fatto così” –, è meglio non cambiare. Chi si muove in questo orizzonte, anche senza accorgersene, cade nell’errore di non prendere sul serio il tempo che abitiamo. Il rischio è che alla fine si adottino soluzioni vecchie per problemi nuovi: un rattoppo di stoffa grezza, che alla fine crea uno strappo peggiore (Mt 9,16). Per questo è importante che il sinodo sia veramente tale, un processo in divenire; coinvolga, in fasi diverse e a partire dal basso, le Chiese locali, in un lavoro appassionato e incarnato, che imprima uno stile di comunione e partecipazione improntato alla missione» (Discorso pronunciato il 9 ottobre 2021).
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Tutti siamo ben consapevoli dei tempi difficili che stiamo attraversando, ma abbiamo tutti anche Speranza nel futuro.
Nonostante ci aspettassimo un anno 2021 ormai più libero dai condizionamenti della pandemia, in verità l’anno che sia concluso è stato ancora profondamente segnato da limitazioni e da molte restrizioni della mobilità delle persone, che hanno notevolmente ostacolato il pelle-grinaggio al Santuario di Fatima. Vi sono Tuttavia molti segnali positivi e, grazie alla diffusa vacci-nazione, la pandemia oggi non ha la gravità che aveva nei primi tempi. Questo ci consente di aspettarci con realismo una progressiva ripresa dell’attività che si avvicina ad una presenza stabi-le di pellegrini che sia simile a quella precedente a questa pandemia.
Siamo tutti consapevoli che si tratterà di un cammino più lungo di quanto non avremmo desiderato e abbiamo coscienza che vi sono aspetti che sono definitivamente cambiati, che ci ac-compagneranno e che non dipendono né dalla volontà né dalle scelte dei santuari stessi e degli organizzatori dei gruppi in pellegrinaggio.
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Introduzione
Voglio introdurmi con un breve racconto che traggo dalla tradizione rabbinica. Si
racconta che: “Dieci porzioni di bellezza sono state create e accordate dal Creatore al mondo, e
nove sono state attribuite a Gerusalemme; dieci porzioni di scienza sono state create e accordate
al mondo, e nove sono state accordate a Gerusalemme; dieci porzioni di tragedia e di dolore
sono state attribuite al mondo, e nove sono state date a Gerusalemme”. Uno splendido tributo
alla città di Gerusalemme che noi tutti ben conosciamo, ma come dice il salmo «Si dirà di Sion:
“L'uno e l'altro è nato in essa”» (Sl 87,5), in qualche modo la porzione di dolore ci ha toccato in
modo pesante e inaspettato, sconvolgendo i nostri programmi e le nostre previsioni. A partire
da tale condizione, è possibile prevedere, ascoltando la voce dello Spirito, degli sviluppi nuovi,
portatori di rinnovamento per la pastorale dei pellegrinaggi?
Scrivevo queste semplici note nei giorni in cui ascoltavo i passi del vangelo ove Gesù, di fronte
alle rimostranze dei discepoli verso coloro che non erano suoi seguaci e scacciavano dei demoni,
la risponde: «Chi non è contro di noi, è per noi» (Mc 9,40) e ancora: «Non lo impedite, perché chi
non è contro di voi, è per voi» (Lc 9,50). Dunque, un lavoro d'insieme, ove vi è la concreta
possibilità di essere insieme, non gli uni contri gli altri o l'uno in concorrenza con l'altro. Con
questo spirito, vorrei offrirvi qualche semplice indicazione.
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1. A livello della chiesa universale
Senza dover ripercorrere tutta la storia delle drammatiche vicende e posizioni della Chiesa
sugli abusi sessuali, possiamo, per semplicità, riferirci al “Vertice” in Vaticano nel febbraio
2019, con i rappresentanti di tutte le Conferenze episcopali, delle congregazioni religiose maschili
e femminili. L'organizzazione di quel congresso si è basata su tre punti principali.
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Il pellegrinaggio, un dono per il presbitero
Vorrei, anzi tutto, indicare la prospettiva secondo cui affrontare l’argomento del pellegrinaggio come “momento di evangelizzazione e di testimonianza” in riferimento specifico al prete che lo organizza o lo guida o vi partecipa.
È abbastanza facile, quando si deve parlare del presbitero nel contesto di una determinata realtà pastorale, limitarsi a descrivere i “compiti” che è chiamato a svolgere. E, dunque, la sua “responsabilità”. La prospettiva, allora, diventa quella del “ministero” del prete, della sua attività pastorale.
È, senza dubbio, una prospettiva importante e necessaria. Ma ancora più importante e necessario è interrogarsi sul “mistero” del prete, ossia sulla sua identità di prete, che il “ministero” è chiamato a manifestare e a realizzare attraverso la concretezza delle diverse e molteplici azioni pastorali.
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Introduzione
L’anno scorso abbiamo meditato insieme sulla figura di Bernadette, sottolineandone in particolare la povertà. In verità, tale condizione l’ha condotta ad approfondire l’esperienza della fede. Infatti Dio “ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato... perché nessun uomo possa vantarsi davanti a Dio” (1Cor 1,28). Bernadette, realmente povera umanamente, è divenuta ricca davanti a Dio. Così ella può accedere al regno di Dio.
Sempre alla grotta di Massabielle, dopo Bernadette, il nostro sguardo non poteva che fissarsi sull’altra presenza assolutamente significativa, quella di Maria. Di conseguenza, in questo anno 2020, il tema proposto è “Io sono l’Immacolata Concezione”.
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Introduzione
Dopo il tema dello scorso anno: “qualsiasi cosa vi dica, fatela”, ora ci viene proposta un’altra riflessione dal titolo: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio”. Sono le parole pronunciate da Gesù nel discorso chiamato “della pianura”, ove enumera alcune beatitudini accanto ad alcuni “guai” (Lc 6,17-49).
Sempre, nella lettura del vangelo, mi ha molto impressionato l’episodio del giovane ricco, narrato dagli evangelisti, che cerca con passione qualcuno perché lo aiutino nella sua ricerca - diremmo oggi - di senso. Incontra Gesù e gli pone la domanda: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna” (Mt 19,16). Gesù, dopo un breve dialogo, lo fissò negli occhi e amandolo, gli dice: “Va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi” (Mt 19,21). A queste parole il giovane si fa triste e si tira indietro, non crede a quello sguardo, non crede a quell’amore di Gesù. Nella sua ricerca di senso questo giovane pieno di zelo e di ardente desiderio è giunto alla possibilità di scegliere. Di fronte a quell’offerta di Gesù, offerta di rischiare l’amore, si rabbuia, cambia volto, si incupisce, e con la tristezza che lo domina se ne va di nuovo per la sua strada, lontano da Gesù. Esce di scena “se ne va triste, possedeva infatti molte ricchezze” (Mt 19,22), troppe per essere libero di seguire Gesù. Sì, lo sguardo di Gesù ha raggiunto il giovane ricco, ma non è riuscito a liberarlo dalla prigione dell’avere per collocarlo nella libertà dell’essere. Allora ecco il commento desolato di Gesù: “In verità io vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli” (Mt 19,23).
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C.N.P.I. - Roma 22-23 gennaio 2019
Un anno fa ha avuto inizio un nuovo triennio pastorale, che ha aperto il secondo secolo di Fatima; un triennio con il tema "Tempo di Grazie e Misericordia".
Era nostro desiderio che la dinamica del Centenario, che ci ha accompagnati nel corso di sette anni, lasciasse segni durevoli nella vita del Santuario e secondo noi ciò è avvenuto.
L'anno appena terminato ci ha consentito di consolidare alcune pratiche, non tanto in tale orizzonte festivo, ma piuttosto tradotte nei ritmi giornalieri e abituali della vita del Santuario.
Si è consolidato il cammino percorso a livello celebrativo, con la cura delle celebrazioni al fine di garantire sempre una nobile semplicità, e inoltre sul piano dell'ambiente e delle proposte di preghiera, in modo tale da offrire momenti di forte esperienza spirituale.
L'offerta di una proposta di riflessione e di approfondimento del messaggio di Fatima ha avuto diversi sviluppi.
Si è mantenuta l'offerta culturale con i suoi linguaggi propri per parlare di Fatima, anche se più ridotta rispetto agli anni 2016 e 2017.
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Il pellegrinaggio a Lourdes ha segnato il mio ministero, prima da parroco e poi da vescovo. Ricordo ancora la prima volta che giovanissimo sacerdote, invitato da un parroco anziano della mia diocesi, partecipai al pellegrinaggio che quella comunità parrocchiale organizzava ogni anno:
fui molto colpito dalla folla numerosissima, che mi fece pensare all'Apocalisse, e dal silenzio che regnava assoluto in tutta l'esplanede, tanto da immergermi facilmente in una preghiera intensa e contemplativa diurna ma sopratutto notturna.
Me ne tornai a casa con il proposito di ripetere l'esperienza, proponendola anche ad altri: avevo vissuto infatti un forte momento ecclesiale, aiutato dai compagni di viaggio che mi erano stati accanto (sacerdoti, religiosi e laici) e arricchito in particolare da chi portava nel cuore o nel corpo i segni di quella sofferenza che mostra cencretamente la Croce gloriosa di Cristo!
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Introduzione
Pellegrinaggio… Parola che evoca infinite pagine di racconti e di vissuti, ma che molto spesso sono rinchiusi nelle biblioteche del passato, come se fossero cose di altri tempi, che poco hanno a che fare con il contemporaneo.
Pellegrinaggio… Parola che nasconde tentativi di tenere a freno novità di agire pastorale e rinchiude nella staticità di esperienze che non si rinnovano, uno stare tra la gente che ormai ha perso il sale della prima ora.
Pellegrinaggio… Parola che oggi deve necessariamente risuonare nuova per portare con sé quel Vangelo che tira la vita dai buchi dell’esperienza e che la spinge dall’aldiqua all’aldilà della rassegnazione per lasciarsi coinvolgere dalla speranza.
Ma la sfida è ardua! Da una parte abbiamo l’uomo che cambia e che gira il mondo con un click, che fa esperienze senza incontri ma con un solo contato virtuale, che si vanta di migliaia di amici nella solitudine della sua stanza, che ha paura di uscire perché ha paura dell’altro, che non riesce più a sentire la nostalgia del Mistero perché sempre proiettato alla misura del tutto.
Ma la sfida è ardua! Perché dall’altra parte abbiamo una Chiesa che spesso si rinchiude con la naftalina dei bei ricordi dietro a schemi che non parlano, ad esperienze che non toccano, a pellegrinaggi che non trasfigurano e non riesce più a far venire la nostalgia del Mistero perché sempre impaurita dalle tempeste del mare aperto.
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1. Il triennio pastorale 2017-2020
Il settenario di preparazione e celebrazione del Centenario delle Apparizioni di
Fatima, iniziato nel 2010, ci ha condotto fino alla celebrazione festiva dell’Anno
Giubilare del 2017.
Ci sono tre termini che ci possono aiutare a sintetizzare il cammino percorso per
celebrare la storia centenaria di Fatima: memoria, gratitudine e impegno.
Il Centenario delle Apparizioni ci ha permesso di fare memoria dell’avvenimento
Fatima, mostrandone l’attualità e il significato per il tempo attuale, attraverso una
molteplicità di iniziative come conferenze, corsi, simposi e congressi; ricerche,
pubblicazioni e concorsi; esposizioni e spettacoli.
La gratitudine ha assunto una forma celebrativa festosa con celebrazioni e
preghiere, proposte devozionali e di supporto ai pellegrini, catechesi e pellegrinaggi.
Tutto il ciclo del Centenario delle Apparizioni è stato contrassegnato da espressioni
di gratitudine a Dio per i doni che ha concesso e per le benedizioni che ha elargito
attraverso l’avvenimento Fatima e i suoi protagonisti. La dimensione festiva ha
segnato con una intensità particolare l’anno 2017. I momenti più importanti sono
stati quelli dei grandi pellegrinaggi, con una menzione specialissima per il grande
pellegrinaggio del 12 e 13 maggio, presieduto da Papa Francesco, durante il quale
sono stati canonizzati i Santi Francisco e Jacinta Marto.
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Introduzione
Dopo il tema “Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente”, sul quale
abbiamo meditato lo scorso anno, ora ci viene proposta un’altra riflessione dal
titolo: “Fate tutto quello che egli vi dirà”. Sono le parole pronunciate da Maria
a Cana, in quel momento alquanto delicato e critico, in cui venne a mancare il
vino e la festa di nozze, la gioia e l’allegria potevano essere del tutto
compromesse.
“Fate…”: tutti noi, oggi, quando sentiamo parlare di comandi, ordini, regole o
precetti, istintivamente diventiamo sospettosi. Infatti, la sensibilità moderna,
tesa ad un esercizio disinibito della libertà, rifugge da ogni limitazione o
prescrizione. Anche la fede cristiana, sentita come una serie di comandamenti
da osservare, rende tale esercizio pesante ed impossibile. Ne consegue che se
la fede sono delle cose da fare, essa diventa un giogo insopportabile e di
conseguenza se lo si scarica da dosso. Si può ancora dare credito a chi mi
domanda qualcosa? Mi spiego con due immagini.
C’è un detto della tradizione cristiana che dice così: “ubi amor, ibi oculos” che
significa: dove c’è l’amore, lì ci sono gli occhi. Com’è possibile celebrare un
matrimonio senza la presenza del vino?
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Introduzione
L’idea che subito ci trasmette il titolo che mi è stato assegnato per questa
riflessione, non so se volutamente, trova ad Oropa il luogo ideale ed esemplare per essere approfondito e sviluppato.
Oropa nasce proprio secondo quanto ci è tramandato dalla tradizione, in un momento della storia della Chiesa, in cui i cristiani del IV secolo si trovano a doversi difendere, dalla confusione che l’eresia Ariana aveva introdotto nel Cristianesimo. Come ogni eresia anche l’Arianesimo riduce la realtà di Cristo.
È certamente più facile all’apparenza della ragione credere in Gesù come “un uomo divinizzato” piuttosto che a Dio fatto uomo. È certamente più “alla nostra portata” pensare un “Gesù umano” che, per grazia, diventerebbe simile a Dio.
In quei decenni regna così una gran confusione, anzi una vera e propria lotta teologica a tutti i livelli della Chiesa su questo tema che non è certo solo una argomento squisitamente teologico , ma che, di fatto, mina la natura stessa del cristianesimo. Dio si è fatto uomo o no?
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Legge Regionale 1 ottobre 2015 , n. 27
Politiche regionali in materia di turismo
e attrattività del territorio lombardo
Art. 4
(Turismo accessibile)
1. In attuazione dell'articolo 30 della Convenzione delle Nazioni
Unite sui diritti delle persone con disabilità, siglata a New York il
13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con la legge 3 marzo
2009, n. 18 Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle
Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, con
Protocollo opzionale, fatta a New York il 13 dicembre 2006 e
istituzione dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle
persone con disabilità), la Regione assicura alle persone con
disabilità motorie, sensoriali e intellettive di fruire dell'offerta
turistica in modo completo e in autonomia, ricevendo servizi al
medesimo livello di qualità degli altri fruitori senza aggravi del
prezzo. Tali garanzie sono estese anche a coloro che soffrono di
temporanea mobilità ridotta.
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1. Arte che porta alla Bellezza somma
Ascoltando il Vangelo di oggi (Lc 21,5-11), penso anzitutto alla dimensione culturale di
ogni nostra visita a un santuario, a una chiesa, a un edificio sacro; nel testo sacro si dice infatti
che anche allora la gente ammirava le belle pietre e i doni votivi del tempio. Nella versione corrispondente
di san Marco sono gli stessi discepoli ad essere affascinati da quell’architettura (cfr
Mc 13,1). Il Signore non disprezzava i valori ai quali l’arte educa e che mostra come devozione
verso la divinità; essa è poi espressione della capacità umane che Dio ha posto nell’uomo. Gesù
amava quella sua città e poco prima di quanto abbiamo ascoltato oggi l’evangelista san Luca
afferma che aveva pianto al pensare che non sarebbe rimasta pietra su pietra; era gioioso che
vi fosse un tempio costruito con cura; vi andava in pellegrinaggio e lo voleva limpido; rivolgeva
nello stesso tempo lo sguardo alle bellezze naturali e invitava i discepoli a osservare l’agire delle
persone. La Scrittura rappresenta Dio come un abile artista che forma l’uomo sotto
l’immagine del vasaio. La promozione culturale fu sempre un interesse pastorale della Chiesa,
ed è uno scalino verso la somma Bellezza. Con gioia ci troviamo ora in una bella chiesa pievana;
quanti sacrifici hanno compiuto i poveri della valle per edificarla, in un tempo quando non esistevano
le risorse del turismo. Quanto si è fatto anche per restaurarla e riportare l’antico altare
al centro delle celebrazioni! Siamo riconoscenti a chi ci ha trasmesso questo patrimonio. Tuttavia,
non fu costruito per il passato, ma per un futuro.
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1. Ogni pellegrino raggiunge una Chiesa locale
Quando ci troviamo anche in un pellegrinaggio proveniente da varie Diocesi e nazioni,
sempre nominiamo nella liturgia eucaristica il Papa che presiede la Chiesa universale e il vescovo
del luogo, chiamandolo “nostro vescovo”. Magari proveniamo tutti dalla stessa diocesi e
quindi ci sarebbe più spontaneo attribuire quel titolo di paternità a colui che conosciamo nella
terra di origine o anche unire almeno sullo stesso livello di menzione i due Presuli. Invece, la liturgia,
che anche in questo è maestra di vita e indice della fede della Chiesa, ci ricorda che siamo
entrati in un’altra chiesa locale e che sia pure per un breve tempo ne facciamo parte e che
lì quel Vescovo è il Vicarius Christi anche per noi.
Purtroppo molti fedeli e talvolta anche sacerdoti si comportano invece ignorando la
comunità cristiana che li accoglie, che ha fatto sorgere il santuario, che lo circonda di cure tutti
i giorni dell’anno. Ho conosciuto turisti che giungevano in Africa, trasportati dall’aeroporto al
villaggio balneare, da qui all’hotel per gli ultimi acquisti e imbacati quindi su un aereo di ritorno
in Europa: avevano trascorso una settimana in Africa, ma di quel continente, della sua cultura,
della sua storia, del suo vissuto, della sua arte culinaria, ecc., non avevano sperimentato assolutamente
nulla. Non cito questo esempio per criticare le agenzie di viaggio e di turismo, ma
per dire che tale non può essere un pellegrinaggio cristiano, anche se sullo sfondo si pone il
motivo spirituale, si prega, ci si accosta a dei sacramenti.
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Vorrei iniziare questa conferenza con un’esperienza concreta fatta recentemente con le
Parrocchie a me affidate e con la Scola Ladina di Fassa (Istituto Comprensivo di Fassa).
Dal 18 al 23 settembre 2016 con circa 40 studenti e altri 40 adulti (tra professori, genitori
e accompagnatori) mi sono recato in Terra Santa, a Betlemme, a coronamento di un gemellaggio
tra la Val di Fassa e la città di Betlemme che si fonda sull’aiuto dei palestinesi cristiani
nella formazione all’arte di scultori e falegnami. Questo progetto è sostenuto dalle Parrocchie,
dalla Scola Ladina di Fassa, dal Gruppo Missionario Freinademetz Onlus, dalla Custodia di
Terra Santa e dalla Fondazione Giovanni Paolo II di Firenze.
Il viaggio consisteva nel portare gli studenti a presentare il musical il “Primo Natale” a
cura della scuola con la collaborazione degli studenti della Scuola del Patriarcato Latino di Terra
Santa e della Scuola Femminile San Giuseppe di Betlemme. Con l’occasione si sono è potuto
guardare i laboratori artigianali del legno, madreperla e ceramica, finanzianti dal Gruppo Missionario
con il sostegno della PAT e della Fondazione Giovanni Paolo II, andare a trovare i bambini
dell’orfanotrofio La creche di Betlemme e la scuola per sordomuti Effetà, sempre di Betlemme,
realtà che un anno a questa parte stiamo aiutando economicamente come comunità
cristiane.
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LA PASTORALE FAMILIARE DOPO IL SINODO ALLA LUCE DELL’ESORTAZIONE APOSTOLICA Amoris laetitia
Lucia e Marco Matassoni
1. LA CHIESA IN ASCOLTO DELLA FAMIGLIA
Papa Francesco ha guidato la Chiesa in questi ultimi due anni dedicando alla famiglia un Sinodo che
si è svolto in più tappe, con il coinvolgimento di tutto il popolo di Dio, interpellato attraverso due
questionari e tenendo presenti due polarità precise: la grazia del sacramento, per vivere in pienezza
il matrimonio e la cura pastorale delle fragilità che tutti sperimentiamo. Questo itinerario è culminato
nell’Assemblea ordinaria dell’autunno scorso (4-25 ottobre), composta da 270 padri sinodali,
14 delegati fraterni e «arricchita dalla presenza di coppie e di famiglie» provenienti dai cinque continenti,
tra le quali anche noi. Sotto la guida dello Spirito Santo - luce per la mente e il cuore - e alla
presenza del Santo Padre, tutti noi partecipanti abbiamo «cercato di guardare e di leggere la realtà,
anzi le realtà, di oggi con gli occhi di Dio»1, “camminato insieme”, pregato, ascoltato, parlato, discusso,
cambiato la nostra mente e il nostro cuore, maturato proposte e indicazioni pastorali.
I lavori si sono svolti tra le Congregazioni generali, che hanno visto i partecipanti intervenire – per
un tempo massimo di 3 minuti - in aula e i Circoli minori, suddivisi per appartenenza linguistica (3
gruppi italiani, 4 inglesi, 3 francesi, 2 spagnoli, 1 tedesco). Questi ultimi hanno prodotto dei modi
collettivi, approvati a maggioranza assoluta e una Relazione finale, che è stata letta e votata in aula.
È stato un tempo prezioso per la Chiesa perché, leggendo la differenza delle situazioni, ha ritrovato
l’unità della comune passione del vangelo di Gesù che risuona per la famiglia e con la famiglia.
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Premessa
La “meditazione” che mi accingo a proporre è pensata a partire dal filtro della percezione
e del vissuto personale della misericordia. Consapevole di questo atto di libertà, mi guardo
di non cadere nella trappola di un’autoreferenzialità. Racconterò una riflessione spirituale
nella forma meditativa, come il racconto di un’esperienza riflessa che può incidere sulla
sensibilità e sulla disponibilità di chi ascolta.
Sotto i nostri occhi scorre il magistero mite e forte di Papa Francesco che permane emblematico.
Egli ci ha illuminato la mente e il cuore attraverso la via della misericordia, sollecitando
la nostra convinta adesione in modo da suscitare, con concretezza esistenziale, un
movimento interiore del tutto imprescindibile per vivere a fondo l’esperienza della misericordia
come forma esigente del “nuovo umanesimo”.
Papa Francesco scrive “la misericordia di Dio non è un’idea astratta, ma una realtà concreta
con cui Egli rivela il suo amore come quello di un padre e di una madre che si commuovono
fino dal profondo delle viscere per il proprio figlio” (MV 6). Questo “amore viscerale” aiuta
a comprendere il senso del realismo divino, tutto proteso a favorire la felicità dell’uomo, come
condizione di vita, anzi come essenza di vita.
In tale prospettiva le via della misericordia di Dio ci spinge ad “essere misericordiosi”, in
quanto accoglienti della grazia di Cristo e quindi resi capaci di riversarla sul prossimo, creando
le condizioni della pace del cuore, del perdono, dell’amore reciproco.
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Stupore per quanto Dio compie: “Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente…” (Lc 1,49)
Padre Nicola Ventriglia OMI, coordinatore italiano Santuario Lourdes
Quest’anno siamo tutti invitati a riflettere su di un tema particolarmente bello ed impegnativo:
quello dello stupore. Tale parola dice: senso di grande meraviglia, incredulità, disorientamento
provocato da qualcosa di inatteso, forte sensazione di sorpresa, tale da togliere
quasi la capacità di parlare e di agire.
Tutti conosciamo il miracolo della prima volta. La prima volta che abbiamo visto il mare,
la prima volta che abbiamo amato, che nostro figlio ci ha chiamato “mamma o papà”. Poi ci si
abitua. Viviamo in un mondo ove lo stupore è realtà molto rara; tutto è così scontato ed ovvio
che nulla più ci colpisce e ci stupisce. Siamo diventati i volti dell’indifferenza e dell’impassibile.
Consumiamo le cose e la vita in modo piatto e senza sorriso. Tuttavia la nostra capacità di essere
felici è legata alla nostra capacità di stupirci, di meravigliarci.
“Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente” (Lc 1,49). Maria canta lo stupore per quanto
Dio ha compiuto. Quali cose ha compiuto Dio in lei e per lei? Alcune ed uniche, quali l’essere
madre, generando il figlio di Dio; altre invece condivisibili con la nostra esperienza di fede.
I vangeli ci descrivono il percorso umano di Maria come un “peregrinare nella fede”, che talvolta
mette a dura prova sogni e certezze. La peregrinazione nella fede indica la storia interiore, il
travaglio, il dubbio, la presenza della consolazione di Dio, come a dire la storia delle anime.
Tutto ciò si compie in un grande processo storico e, per così dire, «in un cammino» (Giovanni
Paolo II, Redemptoris Mater, 6,15). La sua eccezionale peregrinazione rappresenta un costante
punto di riferimento per la Chiesa, per i singoli e le comunità. Grande è lo stupore, la meraviglia
in Maria, ma nello stesso tempo le è stato richiesto un profondo cammino nella fede e per
questo, ella ci è ancora maestra e madre.
Stupore per gli inizi assolutamente imprevedibili, ma ancora meraviglia stupefacente
per il percorso seguito, ove ella non è venuta meno alla fedeltà di Dio.
Provo a descrivere i passaggi che Maria ha compiuto per giungere a riconoscere le stupefacenti
meraviglie compiute in lei. Ne indico ben cinque.
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+ Carlo Mazza
Vescovo di Fidenza
“Misericordiosi come il Padre”
Premessa
Sono molto lieto di essere qui e ringrazio S. E. Mons. Rino Fisichella per l’invito.
Mi permetto di iniziare la “meditazione” osservando che le modeste considerazioni
che mi accingo a proporre sono, per così dire, pensate a partire da un filtro identificabile
nel condizionamento posto dalla mia percezione e dal mio vissuto della misericordia.
Consapevole di questo atto di libertà, mi guardo tuttavia di non cadere nella trappola di
un rischioso outing. Racconterò con semplicità un’esperienza spirituale strutturata nella
forma meditativa a beneficio di chi avrà la bontà di ascoltare e seguire.
D’altra parte, a questo punto del Convegno, non vi è come il racconto di
un’esperienza riflessa che può incidere sulla sensibilità, sulla disponibilità e sulla benevolenza
di chi ascolta. Come si è già inteso, mi preoccupo in quest’ora di parlare al cuore
degli uditori, non primariamente alle loro pur legittime attese riguardo a taluni approfondimenti
di carattere teologico in senso pertinente.
In verità, in questi mesi abbiamo ascoltato, meditato, letto, nel fecondo silenzio
dell’anima, innumerevoli e penetranti elaborazioni circa la misericordia. Celebri teologi,
biblisti, pastoralisti e autori spirituali ci hanno consegnato le loro raffinate argomentazioni
come supporto alla conoscenza e alle prassi della misericordia giubilare. Questi
contributi si presentano per altro costruttivi e generatori di aperture spirituali, di nuovi
orizzonti di pensiero del tutto utili per un percorso di spiritualità attinenti il dono della
misericordia.
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Pére André Cabes,
Rettore Santuario Nostra Signora di Lourdes
Lourdes, santuario della Misericordia.
Il cammino di Bernadette è un cammino di Pasqua. In 1858, il Mercoledì
delle Cenere era il 17 febbraio, vigilia dell’inizio della quindicina delle apparizioni.
È un cammino per un’umanità nuova. Al cuore di questo percorso,
Bernadette fa’ sgorgare la fonte, sulle indicazioni di Maria. Il buco nero della
Grotta, il fango in cui deve scavare, lasciano passare una luce, una corrente
d’acqua viva. La roccia era il Cristo, ci dice san Paolo. Dal suo costato
aperto sulla croce, escono l’acqua e il sangue del battesimo e dell’Eucaristia.
La prima grazia del pellegrinaggio sarà l’apertura dei cuori, in corrispondenza
con l’apertura del cuore di Gesù. Entriamo per la porta della Misericordia,
ai piedi del Calvario dei Brettoni, col segno della Croce, che ha inaugurato
le Apparizioni.
Il Diavolo non sopporta quest’apertura. Vuol chiudere i cuori alla grazia.
Con gli attentati, che ci hanno costretti a chiudere le porte, vuol impedire il
cammino dell’incontro con lo sguardo misericordioso del Signore.
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Padre Carlos Cabecinhas,
Rettore Santuario Nostra Signora del Rosario di Fatima
Come sapete, il Santuario dalla fine del 2010 sta svolgendo un cammino di
preparazione e di celebrazione del Centenario delle Apparizioni. Tale itinerario
tematico, che dura sette anni, ha lo scopo di rendere possibile una
maggiore conoscenza dei temi più significativi del messaggio di Fatima, collegandoli
tra loro in maniera organica e coerente. Il punto di partenza stabilito
per ogni anno è una delle apparizioni della Madonna, scelta che consente
di individuare le idee fondamentali del Messaggio di Fatima e così trovare,
per ciascuno dei sette cicli annuali, una serie di proposte che siano in
grado di presentarlo e di chiarirlo.
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S.Ecc.za Mons. Gennaro Pascarella
Vescovo di Pozzuoli
Innanzitutto un fraterno saluto ad ognuno di voi.
Spesso diamo per scontato – più correttamente dovrei dire do per
scontato! - una verità fondamentale del Cristianesimo, che comporta una
conversione di sguardo e di atteggiamenti: “abbiamo un solo Padre: Dio e noi
siamo tutti fratelli”. Mi aiuta a fare una doppia conversione di sguardo la
preghiera che ci ha insegnato Gesù: il Padre nostro. Dire Padre è guardare
me stesso come figlio: forse non sempre un figlio all’altezza della dignità che
mi è stata donata, figlio ferito, ma sempre figlio! C’è una dignità che si può
oscurare, tradire, ma mai cancellare. Come ci insegna la parabola del Figliol
prodigo o del Padre buono per il Padre celeste anche chi lascia la sua casa,
chi lo abbandona, rimane sempre figlio. Dire Padre nostro è rinnovare la
consapevolezza che anche l’altro è figlio di Dio come me: è mio fratello.
Quanto ci fa bene questa conversione di sguardo! Iniziare la nostra giornata
con la preghiera del Padre nostro è guardare noi stessi e le persone che Dio
ci dona di incontrare con gli occhi di Dio!
In questo momento mi rivolgo a voi
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Ing. Giampiero Momo,
Direttore Opera Diocesana Pellegrinaggi - Torino
La gestione di un pellegrinaggio si differenzia in maniera significativa da
quella di un viaggio.
Infatti, oltre a richiedere tutte quelle capacità tecniche legate alla professionalità
propria dell’accompagnatore, deve altresì avere e utilizzare una base
di conoscenze ed atteggiamenti derivanti dalla sua formazione religiosa.
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Mons. Mario Lusek,
Direttore Ufficio CEI per la pastorale del tempo libero, turismo e sport
Siamo nell’imminenza del Giubileo Straordinario della Misericordia indetto da Papa
Francesco e dinanzi ad un evento che “calamita” un interesse e un’attenzione mondiale
di diversa natura, anche economico-sociale, diventa necessario precisarne la natura, le
finalità e individuare qual è l’opportunità che è chiamata a cogliere sia la Comunità dei
credenti che la società civile.
“Ci sono dei momenti - scrive papa Francesco - nei quali in modo ancora più forte siamo
chiamati a tenere fisso lo sguardo sulla misericordia per diventare noi stessi segno
efficace dell’agire del Padre. Il Giubileo straordinario della misericordia è il tempo favorevole
per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti”.
Anche il mondo del turismo (non dimentichiamo, infatti, che per Roma i flussi dei pellegrini
per i grandi venti della fede raggiungono percentuali infinitamente superiori a
quelli degli eventi sportivi, musicali, e parzialmente anche quelli culturali), è interpellato
a modificare il suo modo di porsi verso l’evento a non ridurre a un’operazione di puro
marketing quello che vuole essere una vera proposta di vita e di vita piena ricolta
all’uomo del nostro tempo.
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Introduzione Dopo secoli di storia e di progressi tecnologici, l’uomo sente ancora il bisogno di pregare. Preso da mille preoccupazioni quotidiane, spesso fuorviato dalla superficialità dei messaggi che lo circondano, 1’uomo, nonostante tutto, non può fare a
meno di pregare. Molti neppure lo sanno, alcuni magari lo escludono, ma è certo che la storia dell’umanità da sempre è come innervata dal flusso continuo di preghiera che dalla terra
sale ininterrottamente verso il cielo. Preghiera come invocazione, grido di aiuto, supplica, disperazione, intercessione personale, ringraziamento, lode, silenzio, adorazione.
Il motivo risiede nel fatto che la nobiltà dell’uomo, il suo senso originario risiede nella capacità di attingere l’Eterno. L’uomo potrà circondarsi di tutti gli oggetti più preziosi, raggiungere
il potere più alto, soddisfare tutti i piaceri terreni, ma in lui rimarrà sempre un vuoto che solo Dio può colmare. A differenza di altre religioni, però, la fede cristiana afferma
che l’unione con Dio non avviene astraendosi dalla terra, ma, al contrario, legandosi ad essa con profonde radici: basti pensare ai numerosissimi luoghi di pellegrinaggio in ogni parte
della terra, caratterizzati da una fortissima esperienza di inculturazione della fede, molto prima che i documenti conciliari ne scoprissero il valore e la portata pastorale.
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Mons. Decio Cipolloni Vicario Generale Prelatura di Loreto
Introduzione Una riflessione non scontata, per voi così familiari ai pellegrinaggi, anzi protagonisti di celebrazioni, di processioni, di riti obbligati, perché le giornate nei Santuari segnano una vera e propria immersione dello Spirito.
Processioni che, in modo emblematico si realizzano nel cuore di Lourdes, con evidente e assoluta scadenza, mentre negli altri Santuari, pur programmate non sono giornaliere.
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Mons. GianPaolo Angelino Presidente OFTAL
Introduzione Accompagnamento del malato è l’espressione che meglio sembra caratterizzare i nostri am-bienti: noi siamo interessati ad umanizzare la situazione di sofferenza in cui il malato si trova affermando il primato della relazione e la qualità personale del malato. Non è una prestazio-ne che debba venire remunerata, ma sta nello spazio della gratuità. Non è una visita occasio-nale, ma si iscrive nella durata ed esige la fedeltà e la perseveranza dell’accompagnatore. E’ una scelta sia da parte del malato che desidera tale accompagnamento o accetta la proposta di essere accompagnato che dell’accompagnatore che fa di tale attività un atto di responsabi-lità e che deve anche essere aperto a ricevere dei rifiuti da parte del malato. Non è una scien-za, ma un’arte che si impara giorno dopo giorno. Non è tanto una buona azione quanto una buona relazione, non può essere lasciata all’improvvisazione. L’accompagnatore si pone in una situazione di accoglienza e ascolto del malato, quindi occorre chiarire i motivi che ci spin-gono a volersi impegnare in ciò. Si tratta di diventare presenza per il malato custodendo però la libertà del malato e momenti di respiro per sé, anche per non turbare il malato con un’emozionalità non controllata. L’autenticità deve sempre trasparire nell’agire e nella perso-na dell’accompagnatore; se l’accompagnamento è vissuto come un dovere fosse pur santo e virtuoso, esso entra nell’inautenticità, se l’accompagnatore ha come obiettivo quello di con-vertire il malato o di convincerlo a diventare come lui non fa opera di accompagnamento, ma plagio.
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Padre Nicola Ventriglia O.M.I, Coordinatore Italiano Santuario Lourdes
Introduzione "Ed ecco,nel primo giorno della settimana, due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute»" (Lc 24,13-21).
Il racconto del manifestazione di Gesù risorto ai discepoli di Emmaus è un racconto di rara bellezza, apre squarci di vera e intensa riflessione. Due discepoli sulla via di Emmaus, il passo stanco, il volto triste mentre si allontanano da Gerusalemme, città della salvezza.
C'è una direzione innanzitutto: da Gerusalemme a Emmaus: da un luogo fisico ad un altro luogo fisico: dalla città di Dio alla propria città, al proprio paese. Ma lo spostamento non è solo geografico: ascoltando il racconto, ti accorgi che si va da un sentimento di speranza a uno stato di delusione: "noi speravamo che fosse lui a liberare Israele". Gerusalemme dunque come simbolo di una promessa tradita: avevano investito tanto, avevano investito tutto in quel "profeta potente in opere e in parole". È chiuso. Si ritorna a casa. A casa a riprendere la vita di prima.
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Ing. Giampiero Momo Direttore Opera Diocesana Pellegrinaggi - Torino La figura dell’accompagnatore è centrale nella nostra attività perché è il gestore del risultato di mesi di lavoro. A lui è affidato il risultato di tutto il lavoro pensato e preparato in sede di programmazione e di vendita della nostra organizzazione affinché questo si concretizzi nello sviluppo del pellegrinaggio con soddisfazione dei partecipanti.
La figura dell’accompagnatore è molto importante perché attraverso lui il cliente valuta la professionalità, la serietà e la qualità del Tour Operator (organizzazione).
Quest’anno ricorre il 90° di fondazione dell’Opera Diocesana Pellegrinaggi di Torino. L’anno ufficiale di costituzione è il 1924 anche se i primi ‘esperimenti’ di pellegrinaggio risalgono al 1912.
Una caratteristica che ha marcato i nostri pellegrinaggi fin dall’inizio, è stata la figura dell’“accompagnatore volontario”.
Sottolineo l’aggettivo ‘volontario’.
L’accompagnamento di un pellegrinaggio deve essere visto e sentito in chiave ‘religiosa’ come un ‘servizio al prossimo’. Chi lo fa, deve porsi come un ‘pellegrino’ tra i pellegrini anche se il suo ruolo è quello di ‘gestore e guida’.
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mons. Alberto Albertazzi Direttore Ufficio di Pastorale Liturgica e Formazione e permanente del Clero, Diocesi Vercelli
Introduzione 1. Premessa. Definiamo pellegrinaggio uno spostamento spaziale religiosamente motivato. Per essere più precisi aggiungiamo che meta del pellegrinaggio è una località nella quale il Sopran-naturale batte colpi, sia per storica devozione sia per apparizione di trapassati. Se questo è il pellegrinaggio nei sui radicali elementi costituivi, appare consequenziale che nel pellegrinaggio cattolico la liturgia costituisca elemento di rilievo.
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Padre Nicola Ventriglia O.M.I
Coordinatore Italiano Santuario Lourdes
Introduzione Il tema che mi è stato affidato gode di particolare attualità, un argomento che presenta, quello dell’omelia, non poche difficoltà. E’ risaputo da tutti noi che talvolta certe omelie sono un esigente esercizio ascetico, più che gioioso ascolto.
Abbiamo letto tutti ciò che scrive papa Francesco nell’”Evangelii Gaudium” a proposito dell’omelia: ben venticinque paragrafi, segno di un interesse non secondario. A maggior ragione, mi pare necessario aiutarci a chiarire il senso di una predicazione e di una catechesi a Lourdes.
Il termine omelia (homilia) deriva dal greco homilein, che negli scrittori profani significa una libera conversazione o un colloquio familiare (omilia). Ha la sua origine nell’episodio di Emmaus, che significa appunto discorrere, intrattenersi, parlare in modo facile e familiare. Da lì – oltre che dall’esperienza di At 20,11 e 24,26 – la fortuna del termine divenuto presto «tecnico» per indicare un parlare semplice, realizzato in contesto celebrativo, allo scopo di predisporre l’apertura degli occhi dello spirito per comprendere il mistero che si attua nella celebrazione.
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Mons. Decio Cipolloni
Vicario Generale Prelatura Santa Casa di Loreto
Introduzione Ben volentieri ho accolto questo invito perché mi ha permesso di ricercare anzitutto nella mia vita di prete la gioia che ho colto nel volto dei miei peni-tenti, specialmente nei pellegrinaggi e in questi ultimi anni al Santuario di Loreto.
Coniugare gioia e conversione è così ovvio nella stessa verità del peccato perdonato e della gioia che trasale dal cuore, ma è altresì facile passare dal-la gioia del perdono all’amarezza della mediocrità, che accompagna la nostra vita senza registrare uno stacco radicale dagli aggiustamenti che facciamo con il Signore.
Non credo di essere pessimista se dico che molti oggi anche tra il clero si confessano, ma purtroppo non si convertono. Sicuramente per me è così.
A tutti noi è dato di registrare la gioia che rivelano i penitenti dopo un’iniziale resistenza o sforzo prima di confessarsi, ma poi testimoniano un sollievo, una consolazione non facile da sperimentare in altri gesti, fosse an-che un momento di intima preghiera.
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Padre Carlos Cabecinhas,
Rettore Santuario Nostra Signora del Rosario di Fatima
Nel 2017 il Santuario di Fatima celebra i cento anni dalle apparizioni della Madonna in Fatima. Nel 2016 si compiranno cento anni dalle appari-zioni dell’Angelo ai tre Veggenti. Ci prepariamo a celebrare questa data così significativa del Centenario con un itinerario di sette anni, iniziato nel 2010.
La celebrazione del Centenario delle Apparizioni non vuole segnalare soltanto una data storica, ma diventare mezzo di evangelizzazione, cammino di conversione e di incontro con Cristo. Desideriamo che questo ciclo di sette anni diventi una opportunità per la diffusione e il ravvivarsi della coscienza della ricchezza e attualità del messaggio di Fatima ed approfondirne i suoi contenuti.
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Roma, Bonus Pastor, 23 gennaio 2013
Assemblea Ordinaria C.N.P.I.
Vorrei partire nella riflessione sul tema proposto evocando due immagini.
La prima: «In questi decenni è avanzata una "desertificazione" spirituale. […] E' il vuoto che si è diffuso. Ma è proprio a partire dall'esperienza di questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita. E nel deserto c'è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada». Questo brano è tratto dall'Omelia di Papa Benedetto XVI durante la Santa Messa di apertura dell'Anno della fede, lo scorso 11 ottobre.
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Il turismo religioso nell'Anno della Fede
1.Benedetto XVI nell'Omelia per la Solennità dell'Epifania 2013 ha così commentato il viaggio dei Magi alla ricerca del luogo e della nascita del "re atteso":
Gli uomini che allora partirono verso l'ignoto erano, in ogni caso, uomini dal cuore inquieto.
Uomini spinti dalla ricerca inquieta di Dio e della salvezza del mondo.
Uomini in attesa, che non si accontentavano del loro reddito assicurato e della loro posizione sociale forse considerevole. Erano alla ricerca della realtà più grande.
Erano forse uomini dotti che avevano una grande conoscenza degli astri e probabilmente disponevano anche di una formazione filosofica. Ma non volevano soltanto sapere tante cose. Volevano sapere soprattutto la cosa essenziale. Volevano sapere come si possa riuscire ad essere persona umana. E per questo volevano sapere se Dio esista, dove e come Egli sia. Se Egli si curi di noi e come noi possiamo incontrarlo. Volevano non soltanto sapere.
Volevano riconoscere la verità su di noi, e su Dio e il mondo. Il loro pellegrinaggio esteriore era espressione del loro essere interiormente in cammino, dell'interiore pellegrinaggio del loro cuore. Erano uomini che cercavano Dio e, in definitiva, erano in cammino verso di Lui.
Erano ricercatori di Dio.
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Il pellegrinaggio di fronte alle sfide della nuova evangelizzazione
1 - Il mondo cambia volto, la società vive un radicale mutamento, gli stili di vita si trasmutano. Tutto sembra assumere la caratteristica del movimento. Vince chi va più veloce, utilizzando gli strabilianti progressi tecnologici. Le nuove vie delle relazioni, passano nelle reti telematiche. Così l'economia, la cultura, il lavoro fluiscono oltre i volti dell'umano e si disperdono nei sentieri invisibili della globalizzazione. Allo sguardo disincantato dell'uomo moderno le varie e molteplici vie di un tempo appaiono miti e leggende. Eppure, rivelando lo sforzo di raggiungere un di più, un oltre, inteso come conquista e guadagno, permangono nella storia, ma soprattutto nella memoria, a significare un passato che ci ha generato all'intelligenza della vita. Quasi a materializzare il cammino dello spirito umano alla ricerca di una verità più grande di quella posseduta, più perspicace ad illuminare la notte dell'anima, più risolutiva nel tentativo di conseguire sapienza e conoscenza, siamo di nuovo sollecitati a ripercorrere la via che testimonia nel tempo la scommessa umana al compimento di sé. E si mostra tanto persistente questa via da apparire come una sorta di messa in atto di una metafisica della itineranza orientata al raggiungimento della meta finale. (C. Mazza, Il Pellegrinaggio come metafora della vita).
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La preghiera del Rosario
Premessa
Il tema affidatomi per questa riflessione fa un evidente riferimento al tema scelto dai Santuari di Lourdes per l'anno 2012. Dopo aver meditato nel 2010 sul tema "Con Bernadette, fare il segno di Croce" e nel 2011 "Con Bernadette, pregare il Padre Nostro", sarebbe stata un'ovvia conclusione meditare nel 2012 sul tema "Con Bernadette, pregare l'Ave Maria". I Santuari di Lourdes hanno invece voluto, quasi a volere fare sintesi di quanto già vissuto nei due anni precedenti, usare la seguente espressione: "Con Bernadette, pregare il Rosario".
È evidente che nella parola Rosario si vuole vedere il completamento di un itinerario che ha visto, e vedrà ancora per il prossimo anno, i pellegrini recantisi a Lourdes introdursi pian piano, alla scuola di Bernadette, nella riscoperta di questa preghiera tanto antica ma anche tanto nuova, vera scuola di contemplazione dei misteri della vita di Gesù.
Si legge nel testo del Tema Pastorale 2012 preparato dai Santuari di Lourdes: "Nel 2012 vogliamo porre la preghiera del Rosario nella luce di Bernadette, quella luce che avvolgeva la Madre di Dio durante le apparizioni e che è la luce che Dio ci dona per porre i nostri passi sui passi del Figlio suo".
E ancora: " …Maria, maestra di vita spirituale e Bernadette, figlia di Maria, figlia del Padre e discepola di Cristo, inaugurano e aprono la porta di questa magnifica 'scuola di preghiera' che ci viene offerta a Lourdes da 154 anni. Tramite la recita del rosario, oggi come ieri, milioni di pellegrini, sia nel santuario, sia altrove, sia mediante i vari mezzi di comunicazione, continuano ad imparare e ad appropriarsi delle insondabili ricchezze del mistero di Cristo".
A Lourdes troviamo una vera e propria 'pedagogia mariana" alla cui scuola si formerà non solo la piccola Bernadette, ma tutti coloro che sul suo esempio si lasceranno plasmare dalla Parola di Dio.
Il "segreto di questa 'Viae Mariae' sarà la preghiera del Rosario, giacché esso sarà come il sostegno dell'incontro (tra la Vergine e Bernadette). Prima di tutto sostegno pedagogico dato che tutte le preghiere conosciute da Bernadette sono contenute in questa devozione tradizionale della Chiesa. E poi sostegno spirituale, giacché è proprio mediante questa preghiera semplice ed accessibile che i cristiani possono contemplare lo svolgersi dei misteri della vita di Cristo. Infatti, ciò che Maria confida e condivide con Bernadette è la sua propria esperienza di discepola di Cristo,la sua propria esperienza di cristiana".
Ma se il Tema Pastorale di Lourdes per il 2012 è l'occasione provvidenziale per parlare ancora una volta del Santo Rosario, non posso tuttavia limitarmi nella mia riflessione, come ben capite, alla sola considerazione delle Apparizioni della Vergine a Bernadette.
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II Congresso Mondiale di Pastorale dei Pellegrinaggi e Santuari
Santiago de Compostela 27-30 settembre 2010
Cronaca del Congresso
A Santiago di Compostella, Spagna, dal 27 al 30 settembre 2010, si è svolto il II Congresso
Mondiale di Pastorale dei Pellegrinaggi e Santuari, organizzato dal Pontificio Consiglio della Pastorale per
i Migranti e gli Itineranti in collaborazione con l'Arcidiocesi di Santiago. La concomitanza con la
celebrazione dell'Anno Santo Compostellano ha offerto la cornice ideale all'incontro fraterno e ad uno
scambio di mutuo arricchimento.
Tale evento fa seguito al Primo Congresso Mondiale, che si svolse a Roma nel 1992. Nell'arco di
tempo trascorso fra i due incontri, la pastorale dei pellegrinaggi e dei santuari si è andata sviluppando a
livello nazionale e regionale. Per iniziativa del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli
Itineranti sono stati realizzati cinque incontri dei responsabili della pastorale in Europa (1996, 1998, 2002,
2004 e 2007), tre riunioni dei delegati in Asia (2003, 2005 e 2007), e un incontro per i Paesi del Medio
Oriente e dell'Africa del Nord (2003). Il Dicastero ha collaborato, poi, in occasione di cinque riunioni delle
cosiddette "Città Santuario", durante le quali sono state affrontate questioni di comune interesse tra
autorità civili e religiose. Nel frattempo, nel continente latino-americano si sono svolte riunioni a livello
regionale, coordinate ora dal CELAM (Consiglio Episcopale Latino Americano), mentre su iniziativa di vari
Paesi del mondo si sono svolte riunioni nazionali con buoni risultati.
Al Secondo Congresso Mondiale hanno partecipato 246 persone impegnate nell'ambito della
sollecitudine pastorale per i pellegrinaggi e i santuari, di 76 nazioni dei 5 continenti: 17 Paesi dell'Africa, 21
delle Americhe, 15 dell'Asia, 22 dell'Europa e uno dell'Oceania. Erano presenti Vescovi, sacerdoti, religiosi e
laici, fra i quali promotori della pastorale dei pellegrinaggi e santuari, rettori di santuari, direttori di
pellegrinaggi e membri di associazioni ecclesiali e di agenzie che organizzano pellegrinaggi, ed altre persone
coinvolte nel settore, come studiosi e giornalisti. La Congregazione per il Clero e la Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti erano rappresentate dai rispettivi Sotto-Segretari. Hanno
partecipato anche il Patriarca Antonios Naguib di Alessandria dei Copti, in Egitto, e Sua Eminenza
Stephanos, Metropolita di Tallinn e di tutta l'Estonia, in rappresentanza del Patriarcato Ecumenico di
Costantinopoli. Come responsabile della Sezione Pietà Popolare e Santuari del CELAM vi era S.E. Mons.
Marco Antonio Órdenes Fernández, Vescovo di Iquique, in Cile.
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Il lavoro dell'ufficio CEI verso la pastorale dei pellegrinaggi,
in vista del convegno nazionale di Fano 2011
don Mario Lusek
Faccio riferimento a tre documenti:
1. DALL'OMELIA DI S.S. PAPA BENEDETTO XVI A SANTIAGO DE COMPOSTELA (Sabato 6 novembre 2010)
Per i discepoli che vogliono seguire e imitare Cristo, servire il fratello non è più una mera opzione, ma parte essenziale del proprio essere. Un servizio che non si misura in base ai criteri mondani dell'immediato, del materiale e dell'apparente, ma perché rende presente l'amore di Dio per tutti gli uomini e in tutte le loro dimensioni, e dà testimonianza di Lui, anche con i gesti più semplici….. Questo è ciò che ci ricorda anche la celebrazione di questo Anno Santo Compostelano. E questo è quello che nel segreto del cuore, sapendolo esplicitamente o sentendolo senza saperlo esprimere a parole, vivono tanti pellegrini che camminano fino a Santiago di Compostela per abbracciare l'Apostolo. La stanchezza dell'andare, la varietà dei paesaggi, l'incontro con persone di altra nazionalità, li aprono a ciò che di più profondo e comune ci unisce agli uomini: esseri in ricerca, esseri che hanno bisogno di verità e di bellezza, di un'esperienza di grazia, di carità e di pace, di perdono e di reden-zione. E nel più nascosto di tutti questi uomini risuona la presenza di Dio e l'azione dello Spirito Santo. Sì, ogni uomo che fa silenzio dentro di sé e prende le distanze dalle brame, desideri e faccende immediati, l'uomo che prega, Dio lo illumina affinché lo incontri e riconosca Cristo. Chi compie il pellegrinaggio a Santiago, in fondo, lo fa per incontrarsi soprattutto con Dio, che, riflesso nel-la maestà di Cristo, lo accoglie e benedice nell'arrivare al Portico della Gloria.
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Segretariato Pellegrinaggi Italiani
Assemblea Ordinaria – Roma, 15 novembre 2010
PROGETTO CULTURALE CEI E I PELLEGRINAGGI
Motivazioni di una scelta
Parto dall' esperienza del progetto culturale avviato operativamente in Italia nel 1997, in seguito al mutamento che ha subito il cattolicesimo negli ultimi decenni e che ha creato un'esigenza un tempo sconosciuta in un contesto come quello italiano: rendere più motivata e incisiva la testimonianza cristiana, stimolandola ad assumere consapevolmente il rapporto tra fede e cultura, per poter proporre la fede mediante esperienze e linguaggi significativi nell'odierno contesto culturale. Una prospettiva in cui è fondamentale il sostegno ai fedeli laici nel compito loro proprio di esprimere la fecondità della propria testimonianza nella vita familiare e sociale, nella ricerca scientifica, filosofica e nell'arte.
Ma di quale cultura parliamo quando usiamo l'espressione "progetto culturale"? Tra le molte definizioni di cultura, i Vescovi assumono quella che pone al centro la persona con la sua vita e con la riflessione attorno ad essa. Si tratta della definizione antropologica del concetto di cultura, in cui la centralità è data dalla ricerca di ciò che è bene per la persona. Evidentemente per il cristiano si tratta del concetto più completo che sia possibile mettere in campo, perché quando si parla di persona, la misura ultima è data da Cristo.
Vorrei far notare che definire la cultura a partire dalla persona non significa rinchiuderla nella ricerca di strade d'individualismo. La persona rimanda subito alla relazione, quindi tutto ciò che la apre agli altri, al mondo e al soprannaturale non può essere escluso da un approccio che voglia essere autenticamente rispettoso dell'uomo e del suo orizzonte esistenziale.
Se la cultura è l'aria che respira, l'acqua in cui nuota, l'essere umano non può abitare questo ambiente vitale senza fare lo sforzo di capirlo. Ecco allora che la comprensione del vissuto, a partire dalla conoscenza più semplice dei fatti della vita, fino all'indagine attorno alle grandi questioni che muovono da sempre il pensiero e sprigionano la creatività, è un esercizio fondamentale per l'uomo, che lo caratterizza, perché lo rende "simile a Dio". Allora possiamo precisare che, se in senso lato la cultura è la vita della persona, in senso più tecnico essa è tutto ciò che aiuta la persona a comprendere e apprezzare la sua esistenza. Il vantaggio evidente è quello della crescita nella conoscenza dei misteri della vita, quella ricerca che eleva l'uomo alla dignità di figlio di Dio.
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IL CAMMINO DI SANTIAGO, CAMMINO D'EUROPARelazione di don Zani
Dante A., Paradiso XXV,16-18 e la mia donna, piena di letizia, mi disse: "Mira, mira: ecco il barone per cui la giù si visita Galizia".
PREMESSA
Tutti i popoli posseggono i loro cammini, ma l'Europa dispone di un Cammino che abbraccia la geografia dell'Oriente a dell'Occidente, un Cammino singolare che appartiene a tutti e che si chiama Cammino di Santiago. Non è esagerato affermare che la storia d'Europa, la sua anima e il suo essere, è stata ed è plasmata nella storia del Cammino di Santiago. Dire Cammino di Santiago è lo stesso che dire Cammino dell'Europa. Santiago, e tutto quello che questo nome racchiude, è, a detta di Dante il «grande principio glorioso» (Paradiso, canto XXV, vers. 22-23) di quei popoli che i greci, nel VII secolo avanti Cristo, avevano denominato Europa.
«Non ci sono cammini. Un cammino si fa cammino percorrendolo». Così nei passi del pellegrino, nei passi di coloro che lo percorsero, si sente ancora oggi l'eco di quello che fu il Cammino di Santiago. Andando oltre una mera descrizione fenomenologica delle origini di questo Cammino, è necessario e urgente tentare di descrivere l'esperienza e il messaggio insito in questo Cammino, che ha attratto, e continua ad attrarre, milioni di uomini dal IX secolo fino ai nostri giorni. Non si tratta solo di fissare lo sguardo nel pellegrino medioevale, di soffermarci in una interpretazione «poetica» che soddisfi tutti e non inquieti nessuno; è importante addentrarci in un frammento della storia nel quale possiamo incontrare il passato, come alimento e speranza del presente, per non essere solo spettatori di questo Cammino, ma partecipi realmente di ciò che abbiamo ricevuto.
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"RISPLENDA LA VOSTRA LUCE DAVANTI AGLI UOMINI…"
Relazione di padre Ernesto Della Corte
AMOS
Introduzione
Il primo profeta scrittore dell'Antico Testamento, vissuto nel sec. VIII a.C., è Amos, che porta un nome teoforico apocopato, che significa YHWH solleva. È nativo di Tekoa, villaggio situato a 18 km a sud di Gerusalemme ai bordi deldeserto di Giuda. Prima di esercitare il ministero profetico Amos si dedicava all'allevamento del bestiame (1,1; 7,14) e alla incisione dei sicomori, che costituivano l'alimento necessario agli animali. È probabile che alternasse la vita pastorizia con gli spostamenti nella pianura che costeggia il Mare Mediterraneo e sulle sponde del Mar Morto, dove crescevano i sicomori. Fiero della sua indipendenza, Amos amava la vita dei campi sdegnando le comodità della vita cittadina.
La chiamata divina, irresistibile e improvvisa come un ordine militare (3,8;7,14), avvenuta verso il 760 a.C., distolse il pastore dai greggi e lo spinse nel regno del Nord ad annunciare la Parola di Dio. Sembra che la sua predicazione non sia durata a lungo; essa si esplica soprattutto nel santuario nazionale di Betel e nella capitale Samaria.
Nonostante la sua origine campagnola, Amos possedeva una vasta cultura religiosa, sociale e politica.
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"RIGENERATI PER UNA SPERANZA VIVA. INSIEME CON LA CHIESA ITALIANA IN CAMMINO VERSO VERONA"
Mons. Carlo Mazza Direttore Ufficio Nazionale CEI
per la Pastorale del tempo libero, turismo e sport
Il Comitato preparatorio del IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona (16-20 ottobre 2006) ha curato il testo della Traccia di riflessione che reca il titolo "Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo". Riprende il tema stesso del Convegno e rilancia in forma sintetica l'identità, la vocazione e la missione dei cristiani. La formulazione indica la pienezza della confessione di fede dei cristiani, la loro trasparente identificazione di "risorti" nel Risorto, la loro conseguente prospettiva di impegno nel mondo alla luce e in forza dell'evento pasquale.
La Traccia è un documento intenso, godibile allo spirito, stimolante rispetto alle applicazioni concrete. Ogni capitolo è corredato da un piccolo questionario ("Per la riflessione e il confronto") che facilita la trasposizione del messaggio nel vissuto personale e comunitario. Di fatto si compone di quattro capitoletti, con un'introduzione "Verso il Convegno Ecclesiale di Verona", e con una conclusione, seguita da un allegato "Il cammino di preparazione".
Va inoltre detto che il testo della Traccia è condotto sul filo vivacissimo della 1a Lettera di Pietro, vera "guida" spirituale e "mentore ermeneutico" che accompagna, illumina, sostiene il cammino dei cattolici italiani "verso Verona".
Mi limiterò alla presentazione analitica della Traccia, avvertendo come essa può diventare un'autentica nervatura di una catechesi propria del "pellegrino" che intende sintonizzarsi sulle "frequenze" del cammino ecclesiale "verso Verona".
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SEGRETARIATO PELLEGRINAGGI ITALIANI - "SACERDOTI IN CAMMINO: L'ESPERIENZA DEL PELLEGRINAGGIO"
Milano - Seminario Arcivescovile di Corso Venezia - 30 gennaio 2006
L'ATTUALITÀ DEL PELLEGRINAGGIO COME MOMENTO DI EVANGELIZZAZIONE E DI TESTIMONIANZA
di Card. Dionigi Tettamanzi
Arcivescovo di Milano
Il pellegrinaggio, un dono per il presbitero
Vorrei, anzi tutto, indicare la prospettiva secondo cui affrontare l'argomento del pellegrinaggio come "momento di evangelizzazione e di testimonianza" in riferimento specifico al prete che lo organizza o lo guida o vi partecipa.
È abbastanza facile, quando si deve parlare del presbitero nel contesto di una determinata realtà pastorale, limitarsi a descrivere i "compiti" che è chiamato a svolgere. E, dunque, la sua "responsabilità". La prospettiva, allora, diventa quella del "ministero" del prete, della sua attività pastorale.
È, senza dubbio, una prospettiva importante e necessaria. Ma ancora più importante e necessario è interrogarsi sul "mistero" del prete, ossia sulla sua identità di prete, che il "ministero" è chiamato a manifestare e a realizzare attraverso la concretezza delle diverse e molteplici azioni pastorali.
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SEGRETARIATO PELLEGRINAGGI ITALIANI
"SACERDOTI IN CAMMINO: L'ESPERIENZA DEL PELLEGRINAGGIO"
Milano - Seminario Arcivescovile di Corso Venezia - 30 gennaio 2006
LE RADICI CRISTIANE DEL PELLEGRINAGGIO: SPIRITUALITÀ E VITA PERSONALE
di Mons. Carlo Mazza
Direttore Ufficio Nazionale CEI per la
Pastorale del tempo libero, turismo e sport
Al centro dell'esperienza del pellegrinaggio si colloca la "vita personale" del pellegrino e, naturalmente, viene fortemente interpellata la sua "spiritualità". Le due prospettive solo in apparenza sembrano distinguersi, di fatto si integrano nella comune tensione verso la santità dell'esistenza cristiana. In tal senso, la spiritualità propria del pellegrinaggio si manifesta come spiritualità della "sequela Christi", secondo una "conformazione" e un'"identificazione" a Cristo nel suo essere radicalmente pellegrino del Padre.
Di conseguenza la congiunzione necessitante tra "vita personale" e "spiritualità" si propone come evidenza immediata al fine di creare le condizioni di una "vita santa" incentrata sulla consapevolezza dell'"io credente e redento" secondo il dono della grazia salvifica di Gesù Cristo.
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IL CONVEGNO ECCLESIALE DI VERONA: UN GRANDE MOMENTO DI CHIESA E UN EVENTO DI SPERANZA
Mons. Germano Zaccheo
Vescovo di Casale Monferrato
Roma, 24 gennaio 2007
1. Un po' di cronaca
Vado un po' per rapide pennellate.
Ma non posso tralasciare il folgorante inizio, dentro il grande catino
dell'Arena dove si è svolta l'assemblea di apertura.
Un simbolo, anzitutto: la "nube dei Testimoni" (Eb 12,1).
Prima li abbiamo invocati i nostri Santi: tutti i santi protettori delle
Diocesi italiane, oltre duecento. Una litania interminabile e suggestiva
(c'era anche il nostro Sant'Evasio!).
Il punto più alto di commozione è stato però alla fine della serata:
ormai era buio. E mentre l'orchestra e il coro dell'Arena attaccavano il
celebre "Regina Coeli" di Mascagni (dalla "Cavalleria Rusticana") si sono
accese tutte le icone dei santi nello scenario della grande Arena veronese.
Si direbbe un "coup de theatre" se non fosse stata una verità: la
Chiesa dei Santi.
E già che ci siamo con i Santi, vi faccio pensare a quello splendido
viale che ogni giorno ci introduceva ai grandi ambienti del Convegno,
nell'immensa area della Fiera.
Lì c'erano a destra e a sinistra dell'immensa folla (3.000 persone
circa) che si recava ai lavori assembleari, sedici gigantografie di uomini e
donne che, nel secolo appena passato, sono stati testimoni di vita cristiana
nei vari campi della vita laicale: i santi del nostro tempo.
C'era La Pira, il sindaco santo di Firenze; c'era Marcello Candia,
l'industriale lombardo andato in Brasile a fondare un lebbrosario; c'era
Gesualdo Nosengo, piemontese, educatore e pedagogista, uomo della scuola;
cìera quel Giovanni Palatucci, il questore che salvava gli ebrei e ci ha
rimesso la vita.
Tanti (sedici) erano, ognuno con una biografia da brividi.
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« LASCIATEVI RICONCILIARE CON DIO »
Pére Raymond Zambelli Rettore Santuario Nostra Signora di Lourdes
Roma, 23 gennaio 2007
Facendo eco all'invito dell'Immacolata:
« Penitenza… Penitenza… Penitenza… »,
accogliamo la Parola di Dio:
« Lasciatevi riconciliare con Dio ».
Sarà questa la frase - titolo del tema pastorale del Santuario di Lourdes per
l'anno 2007 che sarà anche l'anno di preparazione al Giubileo del 150°
anniversario delle Apparizioni. Questa frase è un'esortazione dell'Apostolo
Paolo ai Corinti: « Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo come se
Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi
riconciliare con Dio » (2 Cor 5, 20 ).
Suddividerò questo mio intervento in tre parti:
1. Cosa significato hanno le parole di S. Paolo?
2. Lourdes, un luogo speciale di conversione.
3. La vera sfida del Santuario di Lourdes
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GLI AMBITI TRATTATI NEL CONVEGNO ECCLESIALE DI VERONA COINVOLGONO LA PASTORALE DEI PELLEGRINAGGI
Vittorio Sozzi - Responsabile del Servizio nazionale per il progetto culturale - CEI
A Verona abbiamo vissuto una bella esperienza di Chiesa, che non
solo ha parlato di speranza, ma innanzitutto ha espresso un momento di
speranza. A pochi mesi dalla conclusione è difficile tirare le somme, anche
per chi, come me, ha seguito sin dai primi passi questa avventura davvero
affascinante. Coloro che hanno partecipato fisicamente alle giornate
veronesi, insieme alle loro comunità di origine, che pure sono state
protagoniste, contribuiranno a tradurre nella vita di tutti i giorni ciò che
abbiamo detto e vissuto.
Mi propongo di sviluppare il tema della pastorale dei pellegrinaggi
sulla base di ciò che ho percepito personalmente, ma soprattutto di quanto è
emerso nei lavori dei cinque ambiti: la vita affettiva, il lavoro e la festa, la
fragilità, la tradizione, la cittadinanza.
Prima di addentrarmi nella rivisitazione dei contenuti emersi nei
cinque ambiti a partire dal punto di vista che è il nostro questa mattina,
vorrei sottolineare l'aspetto della coralità, caratteristico dell'evento
veronese. Questo aspetto si è manifestato nel modo in cui si è lavorato
insieme, nel ritrovarsi su alcuni contenuti fondamentali delle relazioni, nel
ricercare il confronto sereno nei gruppi di studio sugli aspetti meno condivisi
e nella proposta, proprio da parte dei relatori dei cinque ambiti, di una
sintesi in cui si rispecchiasse la ricchezza del dibattito.
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ANNO 2008: 30° DI FONDAZIONE DEL SEGRETARIATO PELLEGRINAGGI ITALIANI
Mons. Franco Degrandi - Penitenziere Maggiore di Vercelli - Presidente emerito dell'OFTAL.
Roma 30 gennaio 2008
Credo sia - questo anno 2008 - data da ricordare con gioia e caratterizzare
perché segna una pagina di storia che possiamo tramandare: segna dei tempi
di inizio dei nostri lavori e può ancora orientare il futuro. Certamente
mons. Salvatore Boccaccio - vescovo di Frosinone - avrebbe dato una pagina
di vissuto intensa e sapiente: lo ricordiamo di cuore, augurandogli ancora
una ripresa continuativa di servizio pastorale alla sua Diocesi.
Il centenario delle apparizioni a Lourdes - anno 1958 - aveva segnato una
ripresa forte dei Pellegrinaggi a Lourdes: alcune Associazioni si erano radicate
in misura forte - dopo gli eventi dolorosi della seconda guerra mondiale;
altre Associazioni fondate in quegli anni, cominciavano ad esprimersi con la
loro presenza nei Santuari.
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L'IMPORTANZA CHE LA CHIESA ABBIA STRUMENTI E DOVERI PER IL PREZIOSO MOMENTO DI EVANGELIZZAZIONE E SPIRITUALITÀ CHE È IL PELLEGRINAGGIO
S.E. Mons. Giuseppe Bertello
Nunzio Apostolico in Italia e Repubblica di San Marino
Roma 29 gennaio 2008
Premessa
L'uomo moderno - ricordava il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti
e gli Itineranti nel suo documento sul pellegrinaggio nel Grande Giubileo
del 2000 - anela affannosamente ad una scoperta della verità ultima
della vita e, anche se non riesce a trovare una risposta soddisfacente, si pone
in una sorta di pellegrinaggio interiore e solitario verso un "infinito" che forse
non coinciderà con "l'Infinito" di Dio, ma vi si avvicina con profondo
struggimento dell'anima, attuando la sua identità di homo viator (n. 24). Potremmo
ricordare anche un testo di Eraclito, molto significativo: "Per quanto
tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la vita, tu potresti mai
trovare i confini dell'anima: così profondo è il suo logos".
Il pellegrinaggio tratta del "logos dell'anima", ne è il suo oggetto privilegiato.
Per questo, emerge con tutta evidenza e in modo ormai assodato un convincimento,
generato da una consapevolezza ecclesiale matura e sperimentata,
che il pellegrinaggio si configura come espressione di un cammino
dell'anima, già in atto o in fase di approccio, alla ricerca di una verità più
grande. Sicché viene ritenuto, in genere, idoneo a strutturare un'esperienza
di fede, finalizzata a rendere evidente la scelta di vita cristiana, sia a livello
individuale sia a livello pubblico.
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« L'AMORE REDENTORE DI CRISTO PER LA SALVEZZA DELL'UOMO »
don Franco Ferro Tessior - Presiedente e Assistente Spirituale ODP Torino
Roma 30 gennaio 2008
1. CRISTO GESÙ, RIVELAZIONE STORICA DELL'AMORE DI DIO
Rivelatore dell'amore di Dio è Gesù Cristo: "In questo si è manifestato
l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo,
perché noi avessimo la vita per lui" (1 Gv 4, 9).
Questo amore, iniziativa di Dio, si è manifestato nel dono di Cristo per noi
peccatori ed ha avuto il suo compimento sulla croce: "In questo sta l'amore:
non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il
suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati" (1 Gv 4, 10).
Scrive un esegeta (Hunter): "La parola amore abbisogna sempre di un dizionario
e per i cristiani il dizionario è Cristo Gesù".
Questo amore di Dio si è rivelato in un evento storico: il fatto di Gesù Cristo
che inaugura il tempo della misericordia divina. Questo evento storico, rivelazione
unica e sufficiente dell'amore di Dio (Rm 5,8: "Ma Dio dimostra il
suo amore verso di noi, perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è
morto per noi"; Gv 3,16: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio
unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna"),
manifesta anche che Dio non ha soltanto amato (passato), ama (presente),
ma che egli "è amore" (1 Gv 4, 8) e quindi la sua azione è nel tempo.
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I SEGNI DEL GRANDE AMORE DI DIO IN CRISTO PER LA SALVEZZA DELL'UOMO
prof. Francesco Bonini - Coordinatore scientifico del Servizio nazionale della CEI per il progetto culturale
Roma 30 gennaio 2008
Cari amici,
il tema che mi è stato assegnato è ampio e complesso, forse troppo. Il segretario
generale, che saluto e ringrazio dell'invito, di fronte alle mie rimostranze
mi ha detto che alla base del titolo – che riprende quello del vostro tema annuale
- ci sono due elementi ad un tempo concreti e strategici: Lourdes come
segno, in particolare in questo anno giubilare, e gli orientamenti pastorali della
Chiesa italiana alla luce della nota dopo il convegno ecclesiale di Verona, che ha
anch'esso un titolo lungo e complesso; "rigenerati per una speranza viva" (che è
una citazione della prima lettera di Pietro): testimoni del grande "sì" di Dio
all'uomo".
Se volgiamo organizzare le parole del titolo, che è una strada sempre produttiva
di ingresso nel tema, emerge una linea, che evoca i temi centrali delle due encicliche
di Benedetto XVI., l'amore e la salvezza, e poi appunto della nota della
CEI, per arrivare poi in conclusione al 150° anniversario che sta entrando ora
nel vivo.
Tra le due recenti encicliche di Benedetto XVI si può cogliere una evidente continuità,
quasi che nella prima emerga il "sì" di Dio all'uomo, nella seconda la risposta
cui siamo chiamati.
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IL MESSAGGIO DI LOURDES PER NOI
Pellegrinaggio SPI – Lourdes 21 ottobre 2008
Mi è stato chiesto di presentarvi il messaggio di Lourdes.
Lo faccio a partire dalle apparizioni. Non tutte ma ho scelte quelle più
significative quelle dove troviamo le parole e i gesti significativi che ce lo
rivelano.
In una parola cosa è il messaggio di Lourdes? É il vangelo.
Il vangelo per i semplici, per i più poveri come lo era appunto Bernadette.
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BERNADETTE, LA TESTIMONE
Pellegrinaggio SPI – Lourdes 22 ottobre 2008
Tutto ciò che sappiamo delle apparizioni e del messaggio di Lourdes ci viene
da Bernadette. Lei sola ha visto e sentito quelle parole e tutto dipende dalla
testimonianza.
Guardiamo allora un po' da vicino che cosa è accaduto a Bernadette, di che
cosa è testimone con il suo vissuto, quali effetti ha avito sulla sia vita
l'esperienza delle apparizioni fono a portarla alla santità.
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