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LEGGI
Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo (Esodo 32).
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità (Salmo 50).
Prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento, ma mi è stata usata misericordia (1 Timoteo 1).
Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie
i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una,
non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di
gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: 'Rallegratevi con me, perché ho trovato la
mia pecora, quella che si era perduta'. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che
per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde
una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E, dopo averla trovata, chiama
le amiche e le vicine, e dice: 'Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto'. Così, io vi dico, vi è
gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte» (Luca 15).
RIFLETTI
Il capitolo 15 del Vangelo di Luca riporta le tre parabole 'della misericordia'. Vi si narra di una pecora, di una moneta e di
un figlio. In vario modo essi si smarriscono, ma poi vengono ritrovati: e il ritrovarli è motivo di gioia per il pastore della pecora,
la donna della moneta, il padre del figlio 'prodigo'. Il messaggio che Gesù vuole proporre è unico, ed è sollecitato dalla
mormorazione dei 'giusti' che giudicano male la sua frequentazione dei 'peccatori'. Dio non è come noi, dice a tutti il
Signore: in lui prevale sempre la misericordia, la benevolenza, l'amore incondizionato per ogni uomo e ogni donna. «Io tengo
a te in maniera speciale», dice Dio ad ognuno di noi; «Prima ci sei tu, poi c'è tutto il resto». Le prime due parabole
(gemelle nello schema) hanno un inizio disarmante: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una'»; «Quale donna, se ha
dieci monete e ne perde una'». In realtà nessuno di noi fa così. Se ho cento pecore e ne perdo una, prima di tutto
mi assicuro di non perdere le altre novantanove, le chiudo ben bene nell'ovile, controllo che il recinto sia integro e robusto.
Dio invece ci lascia sempre liberi: di entrare e di uscire. Anche di perderci. Ma poi non ci abbandona, non si rassegna. Il
suo cuore di Padre è tutto preso dall'unico che manca; non basta la presenza degli altri novantanove. Non si dà pace: preferisce
perdersi lui piuttosto che perderne uno. E aspetta, e cerca, e chiama. Finché non può prenderci sulle spalle, per
consolarci della paura che abbiamo provato e rendere più leggera la strada del ritorno a casa. (Tra i pastori del tempo di
Gesù, usava spezzare una gamba alla pecora ritrovata, perché imparasse a non perdersi più). Nella parabola del padre
misericordioso e dei due figli (il prodigo e il tirchio) non c'è la medesima formulazione («Quale padre se il figlio gli chiede di
spartire l'eredità'»), ma la sostanza è la stessa. Il padre lascia liberi i suoi figli: possono restare a casa oppure andarsene.
Lui, da parte sua, continua ad amarli. Aspetta il ritorno di quello che si è allontanato. E aspetta che l'altro, fisicamente presente,
sappia farsi vicino anche con il cuore. Riesca ad entrare nella dinamica della gioia e della festa, che è la conclusione
comune delle tre parabole: «C'è gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte». In realtà la pecora non si è convertita,
non è tornata a casa; come la moneta non è tornata da sola nel portamonete: semplicemente sono state trovate
da Colui che le cercava. Neppure il figlio, finito a pascolare i maiali, si converte davvero: torna a casa, disposto a fare il
servo, perché sa che troverà da mangiare. La gioia è nel cuore di Dio, che si volge con amore ad ognuno di noi. Egli si è
«convertito» a noi. Fin dal tempo del diluvio ha promesso di non castigarci più. Durante l'Esodo, per l'intercessione di Mosè,
Dio «si pente» di aver minacciato di fare del male al suo popolo. Perdonarci è la sua gioia. Ed egli vuole che sia anche la
nostra. Queste parabole invitano alla conversione: forse, però, non la conversione dei 'peccatori' alla giustizia, ma quella
dei 'giusti' alla misericordia.
PREGA
Signore, Dio di misericordia, aiutaci ad accogliere con gioia il tuo amore che sempre ci perdona, perché diventiamo capaci
di misericordia gli uni verso gli altri.
Dal sito della Diocesi di Mondovì |
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