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"Quando leggo il catechismo del Concilio di Trento, mi sembra di non aver nulla in comune con la religione
che vi è esposta. Quando leggo il Nuovo Testamento, i mistici, la liturgia, quando vedo celebrare la messa,
sento come una specie di certezza che questa fede è la mia, o più precisamente lo sarebbe senza la distanza
che la mia imperfezione pone tra essa e me". Così si esprimeva Simone Weil, con tutta l'intensità
di amore e di attenzione di cui era capace, in una lunga lettera al padre domenicano Marie-Alain Couturier
(uno dei principali attori del rinnovamento dell'arte sacro in Francia dopo la seconda guerra mondiale)
esponendo i propri convincimenti, per verificarne la compatibilità "con l'appartenenza alla Chiesa".
Figlia di un ricco medico ebreo, Simone Weil, all'età di 28 anni, nel 1937, mentre viaggiava, ammalata,
per l'Italia, s'inginocchiò nella cappella di Santa Maria degli Angeli di Assisi, sentendosi trascinata da una
forza irresistibile. Iniziarono allora le sue esperienze mistiche, che proseguirono nel 1938, quando trascorse
la Pasqua a Solesmes. Sembra però che Simone non si decise ad entrare nella Chiesa cattolica per
timore – diceva Lei – di trovare in essa un facile riparo che l'avrebbe potuta allontanare dalla mistica della
passione patita insieme a Cristo. Alcuni credono però che la Weil ha ricevuto il battesimo in articulo
mortis.
Noto nelle parole sopra riportate di Simone Weil la capacità che ha la liturgia, in particolare l'Eucaristia,
quando essa è celebrata in conformità con i libri liturgici, con fede e con senso del mistero che in essa è
ripresentato, di essere espressione della fede, anzi di essere vera professione di fede. Non si tratta di polemizzare,
come talvolta è stato fatto, dicendo che allora c'era il Vetus Ordo. Simone Weil è morta nel
1943 e non ha conosciuto altra liturgia che quella del suo tempo. La liturgia dev'essere celebrata in modo
che emerga la sua dimensione trascendente, quella che la apre al mistero di Dio, della sua vita e della
sua grande opera con noi. Attenzione però, come dice François Cassingena-Trévedy, nella sua nota opera
La liturgia arte e mestiere, la liturgia ha a lungo manifestato in modo prioritario il suo orientamento
'trascendente' (verso la trascendenza, la maestà), in una sorta di indifferenza all'assemblea cui del resto,
in maniera assolutamente concreta e significativa, dava le spalle. Ma lo stesso monaco benedettino dice
anche che l'organizzazione maldestramente prioritaria della liturgia in funzione dell'assemblea concepita
come una clientela commerciale o come il pubblico di uno show ha portato praticamente a una sorta di
implosione della celebrazione liturgica che distrugge la liturgia nella sua essenza. Si tratta di trovare quel
giusto equilibrio che eviti le ricadute negative, sia quelle del passato che quelle del presente.
Matias Augé |
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